VOUCHER: STATO DELL’ARTE

16 Gennaio 2017
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14 febbraio 2003: durante il secondo governo Berlusconi, tramite la legge delega “Biagi” viene introdotto per la prima volta nel nostro paese l’utilizzo del buono lavoro, conosciuto come voucher.
11 gennaio 2017: i giudici della Corte Costituzionale, chiamati a giudicare l’ammissibilità di tre quesiti referendari proposti dalla Cgil, tra cui quello sull’abolizione dei voucher, accolgono quest’ultima istanza.

 

In quasi 14 anni di leggi deleghe e decreti attuativi, dalla “riforma Fornero” al “Jobs Act”, si è passati dalla lotta al lavoro nero e una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, agli abusi, presunti o tali, di cui il suo utilizzo viene accusato.
Dovevano servire soprattutto in agricoltura per remunerare studenti, pensionati e casalinghe durante la vendemmia; nel 2008 sono entrati in funzione in modo sperimentale per poi essere estesi negli anni a sempre più settori e lavoratori: il lavoro domestico, le lezioni private, il turismo e il commercio sono stati i primi. Dal 2009 con il governo Berlusconi l’uso è stato esteso anche alle amministrazioni pubbliche, a edilizia, industria e trasporto. La totale liberalizzazione prevista dal governo Monti nel 2012 e l’innalzamento a 7000 euro del tetto annuo massimo inserito nel Jobs Act del 2014 sono le ultime modifiche sostanziali all’impianto originale del provvedimento.

Da dove nasce quindi, la critica? Secondo il sindacato guidato da Susanna Camusso e altri analisti, i datori di lavoro li avrebbero usati per mascherare delle forme di lavoro nero; sarebbero stati usati per retribuire una parte del lavoro svolto in modo da tutelare l’azienda durante eventuali controlli: il datore di lavoro avrebbe usato i voucher come giustificazione per la presenza del lavoratore.
Nonostante l’inasprimento delle norme messo in atto dal governo a Settembre, per molti critici, comunque, il ricorso ai voucher favorisce la precarizzazione del lavoro e la mancanza di tutele per i lavoratori, dalla cancellazione delle ferie alle indennità per malattia o maternità.
Se è vero che alla luce dei dati sull’incremento esponenziale del loro utilizzo, oggi i voucher sono utilizzati soprattutto per finalità diverse da quelle proposte con la loro introduzione, è chiaro che servono delle modifiche volte ad impedire che essi vadano a sostituire veri contratti di lavoro; ma è altrettanto vero che qualora passasse il quesito referendario e venissero aboliti, lavoro nero e precarietà non troverebbero una soluzione; già in condizioni precarie, il mercato del lavoro subirebbe un ulteriore deregolamentazione, con conseguenze peggiori rispetto al contesto attuale.

Con l’occupazione che prosegue nel suo rally tra salti e cadute, tutto quello di cui non abbiamo bisogno è l’ennesimo scontro tra governo e sindacati. Entrambe le parti devono sedersi ad un tavolo e discutere le modifiche necessarie, con l’obbiettivo di mantenere lo strumento dei voucher, affiancandolo ad un sistema di monitoraggio più efficace e sanzioni più severe.
In questa direzione si potrebbe centralizzare in un unico ente, ad esempio l’Inps, sia il canale di distribuzione sia il monitoraggio dell’utilizzo, con un incentivo per i lavoratori a tutelarsi compilando un’anagrafe dettagliata che registri periodo e valore della retribuzione tramite buoni; oltre ad abbassare il tetto massimo percepibile in un anno, l’inserimento di una soglia minima fungerebbe da deterrente alle retribuzioni in nero mascherate da alcune ore retribuite con i voucher, e il divieto di integrare lo stipendio contribuirebbe a contrastarne l’abuso.

Il settore per cui erano stati pensati in origine è quello dell’agricoltura; oggi quel settore, insieme al lavoro domestico, risulta essere quello con l’utilizzo minore, altro sintomo che la strada percorsa non è più quella giusta. Una revisione dei settori in cui permetterne l’utilizzo è un altro passo verso una maggiore efficacia.
È chiaro che queste norme non hanno ragione di essere attuate se parallelamente non si struttura un altrettanto efficace sistema di sanzioni e non si potenzia la macchina di controllo e supervisione; l’abuso è anche figlio della consapevolezza di poter aggirare una norma con la tranquillità di non subire delle conseguenze.

 

Massimo Monda

Responsabile Lavoro e Sviluppo Giovani Democratico delle Marche