Non è un paese per donne. E sinceramente ci siamo rotte

20 Novembre 2017
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Il 25 novembre, ormai da quasi venti anni, l’ONU ha istituito la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”. In un mondo ideale, questa ricorrenza sembrerebbe ridicola: ma, fatti di cronaca riportano che, purtroppo, sul tema della violenza di genere, non ci sia nulla da ridere.
Prendiamo ad esempio la nostra nazione: in Italia, secondo un’indagine condotta dall’Istat, in collaborazione con il ministero della giustizia, quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso (stalking, molestia, violenza psicofisica) e solo nell’anno 2016 sono state 120 le donne uccise dal marito, dal convivente e dal fidanzato.
Per fortuna il numero dei femminicidi e degli stupri sta diminuendo ed aumenta il numero delle donne che denunciano il proprio stupratore. Ma, anche se la situazione è leggermente migliorata, i dati restano allarmanti e le donne, nel loro vivere incontrano ogni giorno degli ostacoli, non solo collegati alla violenza sessuale ed agli abusi psicofisici, ma che coprono, invece, vari campi.
Pensiamo alla discriminazione di genere in ambito lavorativo. I dati sull’occupazione femminile a livello europeo, ma soprattutto a quello italiano, sono alquanto preoccupanti: nel 2015, secondo un rapporto Eurostat, l’Italia, insieme alla Grecia, si pone all’ultimo posto per tasso di occupazione femminile (47%, contro il 60% della media europea) Inoltre, sempre secondo questo rapporto, il 40% delle donne inattive ha un diploma di scuola superiore o un titolo universitario: insomma, le donne sono ambiziose ed hanno la volontà di farsi una carriera lavorativa, ma incontrano diversi ostacoli lungo il loro percorso non dettati dalla loro volontà. Un altro divario tra la situazione lavorativa maschile e femminile viene riscontrata anche per quanto riguarda la retribuzione: gli uomini guadagnano in media 1556 euro contro i 1192 delle donne.
Ovviamente, alcune riforme politiche stanno cercando di migliorare la situazione e riempire questo divario, ma abbiamo guadagnato solo un lieve miglioramento delle situazione e noi donne siamo ancora una delle categorie più deboli della nazione, in molti campi.

Perché noi donne, anche se abbiamo le stesse capacità e competenze degli uomini, dobbiamo avere stipendi più bassi? Perché dobbiamo continuare a sentirci dire “donna uguale danno”? Perché se indossiamo una minigonna ed abiti succinti siamo noi che “ce la siamo cercata” ed invece non è colpa del “maschio” che è stato incapace di controllare gli impulsi? Perché la società organizza corsi di autodifesa rivolti al genere femminile e non insegna, invece, a non fare male alle donne?
Non desideriamo risposte a queste domande, ma, piuttosto, che le nuove generazioni non debbano più porsele. E per far sì che ciò accada, c’è necessità di una rivoluzione culturale che ci porti ad un’educazione ed ad una cultura del rispetto della donna e che faccia capire anche i concetti che oramai dovrebbero essere scontati, come ad esempio quello della parità di diritti tra uomini e donne.
Sarà un percorso difficile ed un progetto a lungo termine: ma se non iniziamo e non siamo costanti nel perseguirlo finiremo in un baratro profondo, senza la possibilità di tornare indietro. Tutti quanti, non solo noi donne.

Valeria Tassotti
Giovani Democratici di Ascoli Piceno