Macerata è simbolo di quel che siamo diventati?

5 Febbraio 2018
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“Venne bandito l’elemento razionale, la sintassi fu capovolta, quanto più si era poco
preparati tanto più si era ben accetti, un’epoca di estasi infervorata e imbrogli
spudorati, una miscela irripetibile di impazienza e fanatismo”.
Leggendo queste parole verrebbe quasi naturale pensare che esse si riferiscano ai
giorni nostri dove le ruspe di Salvini e i V-day di Grillo sono al centro della
discussione politica, dove il linguaggio è uscito dagli schemi civili e sono sempre più
diffusi gesti, immagini e formule che inneggiano al fascismo, dove l’insulto è
liberalizzato e l’invettiva personale è simbolo di libertà. Giorni in cui molti “politici”
vedono il Parlamento come un’inutile istituzione superata, l’Europa come
“mangiasoldi” e origine di tutti i mali, gli immigrati come minaccia alla “razza bianca”
(come dichiarato dal candidato alla presidenza della regione Lombardia sostenuto
da una coalizione del centrodestra).
Le parole con cui ho deciso di aprire questa riflessione appartengono allo scrittore
ebreo austriaco Zweig che le usò negli anni Trenta per descrivere la sua epoca e la
situazione politica nel suo paese. Qualche giorno fa, dopo essermi imbattuta negli
scritti di Zweig, ho letto un articolo in cui Emanuele Macaluso, storico dirigente del
PCI e antifascista fin dall’età di tredici anni, fa un’interessante riflessione sulla
società attuale invitando i lettori a non sottovalutare niente dei nostri giorni perché
“proprio questa intossicazione che c’è nella società e che si esprime nella politica,
sui giornali e in televisione, temo che sarà proprio questa che possa portare a forme
ancora più sfacciate e pericolose di esaltazione del fascismo. Aperte le gabbie, non
sai che mostri possano venire ancora fuori. È un problema di cultura. Oggi non c’è
più la politica, ogni cosa è ridotta al problema del governo senza mai pensare ai
valori fondamentali che vanno tutelati nella società: democrazia, rappresentatività
parlamentare, internazionalismo, libertà”.
Non penso sia necessario spiegare nuovamente quanto accaduto in questi giorni a
Macerata, mi limito a dire che una barriera è stata oltrepassata perché dagli slogan
violenti si è passati alla violenza vera e propria. Una violenza attuata prendendo
come bersaglio uomini e luoghi come la sede del Partito Democratico cittadino. Mai
avrei immaginato di dover essere accompagnata dalla polizia per entrare nella sede
del mio partito. Vorrei che in queste ore delicate riflettessimo sull’importanza di
continuare ad essere umani in una situazione che di umano ormai ha poco,

sull’importanza di continuare ad essere democratici anche quando non è facile
esserlo, ad essere responsabili e a non cedere ad istintive e becere provocazioni. La
storia ci ricorda cosa portò anni fa questo clima carico di odio e violenze e proprio
per questo vorrei che riflettessimo su un semplice concetto: Macerata, oggi, è il
simbolo di ciò che siamo diventati? Ma siamo diventati davvero un paese in cui la
violenza è l’unica risposta alla politica? Un paese in cui il diverso colore della pelle
impedisce di passeggiare tranquillamente in strada? Un paese in cui la libertà lascia
posto alla paura?
Non so voi, ma io voglio credere che ci sia più di una speranza per la nostra Italia,
nonostante tutto.

Martina Ortolani