Come si elegge il Presidente degli Stati Uniti d’America?

7 Novembre 2016
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Domani sarà “il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre”, giorno nel quale il popolo americano sarà chiamato ad eleggere il suo quarantacinquesimo Presidente. La Costituzione degli Stati Uniti d’America designa un sistema elettorale presidenziale tanto affascinante quanto complesso, che tenta di coniugare il voto popolare con la natura federale di questo Paese.

Bisogna fin da subito dire che non diventa presidente chi ottiene più voti reali su scala nazionale. L’elezione del Presidente USA è ancorata al sistema dei cosiddetti Grandi Elettori (electors), che nel loro insieme costituiscono il Collegio Elettorale degli Stati Uniti d’America (US Electoral College). Ogni Stato ha un determinato numero di Grandi Elettori, che corrispondono – si badi bene, solo nel numero –  alla somma dei Rappresentanti e dei Senatori spettanti a quello Stato (ricordiamo che i Rappresentanti sono distribuiti fra gli Stati in ragione della loro popolazione, mentre i Senatori sono 2 per ciascuno Stato indipendentemente dal peso demografico di quest’ultimo); in aggiunta, il XXIII Emendamento, garantisce al District of Columbia 3 Grandi Elettori. Il Collegio Elettorale degli Stati Uniti d’America ha dunque di 538 componenti.

Nel concreto come funziona questo meccanismo?

Quando un cittadino, per esempio della California (che conta 55 Grandi Elettori), domani si recherà a votare, egli esprimerà il suo suffragio a favore del suo candidato presidente preferito. Tuttavia, il suo voto sarà destinato a far vincere quel candidato presidente in California. Rimanendo a questo esempio, il candidato Presidente che in California avrà preso il maggior numero di consensi si aggiudicherà tutti i 55 grandi elettori di questo Stato. E’ un sistema maggioritario secco (the winner takes all), comune a quasi tutti gli Stati, eccezion fatta per il Maine e il Nebraska, che adottano un sistema differente.

Quando domani si chiuderanno le urne, gli elettori statunitensi avranno eletto solo i Grandi Elettori collegati ai candidati Presidente e Vice presidente. Vince il candidato Presidente che ottiene il cosiddetto magic number, quindi almeno 270 Grandi Elettori.

A questo punto, la partita è sostanzialmente chiusa, anche se, dal punto di vista formale, per concludere definitivamente la procedura elettorale mancano ancora alcuni passaggi.

In primo luogo, nel lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre, i Grandi Elettori votano – separatamente – il Presidente e il Vicepresidente. Questa votazione formale avviene nella capitale degli Stati presso i quali sono stati eletti e non più riunendosi effettivamente in un Collegio unitario, così come avveniva in passato.

Successivamente, il 6 gennaio, il Congresso a Camere riunite opera il conteggio dei voti proclamando eletto il Presidente e il Vicepresidente, che entreranno nei loro poteri il 20 gennaio, giorno dell’Inauguration Day.      
Tutta la procedura sopra delineata però, parte dal presupposto che un candidato abbia ottenuto il magic number. Cosa accadrebbe, invece, se ciò non avvenisse?

Poniamo che due candidati ottengano rispettivamente 269 Grandi Elettori, spartendosi così equamente il numero dei componenti del Collegio Elettorale. Oppure poniamo che, per assurdo, un terzo candidato riesca a ottenere qualche Grande Elettore e ciò non permetta a nessun altro candidato di raggiungere quota 270.

Che succede? Si andrebbe ad applicare la procedura descritta dal XII Emendamento, il quale stabilisce che nel caso in cui nessun candidato ottenga la maggioranza dei Grandi Elettori, spetterà alla Camera dei Rappresentanti eleggere il Presidente degli Stati Uniti e al Senato eleggere il Vicepresidente.

La Camera dovrà eleggere il Presidente tra i tre candidati che abbiano ottenuto il maggior numero dei Grandi Elettori. La delegazione dei Rappresentanti di ciascuno Stato vota in blocco e il voto di ogni Stato (quindi di ogni delegazione) vale uno. Il District of Columbia non riceve voti in quest’occasione.

Risulta eletto il candidato che abbia ottenuto il voto della maggioranza delle delegazioni degli stati (oggi occorrerebbero 26 voti, in quanto gli Stati come è noto sono 50).

Nel caso suddetta maggioranza non fosse raggiunta, si continuerebbero gli scrutini a oltranza, fino all’elezione del Presidente. Se entro il giorno dell’Inaugurazione,  la Camera dei Rappresentanti non avesse eletto il Presidente, questa carica verrebbe ricoperta dal Vicepresidente, divenendo esso un Presidente in funzioni (acting President) fino a quando la Camera non abbia provveduto all’elezione effettiva del Presidente (questo caso è definito come deadlocked election). Come anzidetto, spetta al Senato eleggere il Vicepresidente nel caso in cui nessun candidato abbia ottenuto la maggioranza dei voti dei Grandi Elettori. Per l’elezione del Vicepresidente, i voti dei Senatori contano individualmente, risultando eletto a questa carica chi ottenga la maggioranza assoluta dei senatori (oggi 51 su 100). Traendo le fila di quanto anzidetto, di che se ne dica, il sistema elettorale e la stessa Costituzione degli Stati Uniti sono fonte di molta curiosità e molto fascino. L’impalcatura costituzionale, considerando le modifiche introdotte dai 27 emendamenti, si continua a ispirare ai valori della Repubblica, del federalismo, e della democrazia . Domani sarà una lunga notte che porterà gli americani ad avere il loro nuovo Presidente. Un momento di grandi emozioni e di grandi speranze, non solo per gli statunitensi, ma anche per noi europei, e del resto per tutto il mondo.  

 

Alessandro De Nicola