Breve Articolo Impopolare

9 Gennaio 2017
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Il mese scorso – il primo dicembre per l’esattezza – mi è capitato di leggere su Repubblica un’intervista a Diego Bianchi (meglio noto come Zoro, il conduttore di Gazebo) ovvero questa qui.

Tra le risposte alle domande del giornalista, ce n’è stata una che mi sono ritrovata a condividere totalmente.

Diego Bianchi dice di rimpiangere il politico di professione, cito testualmente, “Quello che guardavi in tv, e capivi che ne sapeva più di te. Oggi tutti si sentono in grado di fare il sindaco o il deputato. A 19 anni mi chiesero di candidarmi alla circoscrizione: “Voi siete matti”, risposi. Mi sentivo inadeguato”.

Un pensiero nel quale mi sono ritrovata pienamente.

La prima cosa: basta con questo attacco ai cosiddetti politici di professione.

Ci si è chiesti spesso se la politica sia una professione e quello che io credo, a riguardo, è che la politica non può essere considerata una professione così come tante altre, perché ha qualcosa per cui si differenzia nettamente, ma allo stesso stesso non si può ritenere che il politico debba, nel mentre, svolgere necessariamente un’altra attività.

A causa di alcune sue caratteristiche imprescindibili, a patto che lo si voglia fare bene, quello del politico è un mestiere unico e, conseguentemente, di difficile definizione.

Innanzitutto, la politica richiede passione che sì, indubbiamente, ognuno dovrebbe provare per il proprio mestiere per essere veramente appagato e soddisfatto, ma che in realtà è necessaria solo per pochi – penso all’insegnamento, alla medicina… – e che non può mancare a chi è chiamato a svolgere un incarico politico di qualsiasi livello.

In secondo luogo, il sacrificio: nonostante sempre più spesso, negli ultimi anni, il politico sia stato inquadrato come un privilegiato, basandosi su aspetti relativi allo stipendio o ai pochi sforzi richiesti – e su questo punto tornerò più avanti – senza lo spirito di sacrificio, ricollegabile senza dubbio alla passione, in pochi potrebbero dedicarsi a un mestiere che ruba tanto tempo, specialmente nei giorni di festa o dopo cena, quando si vorrebbe solo stare a casa, con la famiglia. Non sto certo dicendo che quello del politico sia il mestiere più duro del mondo, ma di certo richiede una costanza e un rigore molto maggiori rispetto a quanto molti ormai credono.

Terzo, la voglia di mettersi in gioco e la consapevolezza di non essere mai totalmente preparati, e da lì la necessità di studiare sempre, con umiltà e dedizione.

Molti altri ancora sono gli aspetti che contraddistinguono la politica, ma non è su questo che voglio concentrarmi oggi.

Quello che va sottolineato in questa sede è che la politica è senza dubbio un mestiere, essendo necessario, ai fini, molto tempo (sia chiaro che il buon politico ha veramente molto da fare!) – e non è allora possibile svolgere, nel mentre, un altro impiego – e perché, di conseguenza, richiede uno stipendio.

E questo a patto che si voglia una buona politica, perché se invece quello che interessa è solo che non si abbiano politici di professione, allora non si può pretendere che coloro che vengano chiamati a ricoprire un ruolo lo facciano bene.

La politica non è una facciata, ciò che conta in politica non è l’immagine.

Basta allora con una politica dal bell’involucro, mancante però di contenuto.

Smettiamola con l’idea che debbano esserci volti nuovi, giovani, ormai anche di bell’aspetto – altrimenti qualche testata o qualche esponente di un altro partito o movimento baserà il proprio attacco su qualche difetto fisico – e, soprattutto, estraneo, fino a quel momento, alla vita politica.

Diciamolo chiaramente: di un volto fresco e giovane, c’è bisogno solo a due condizioni, ovvero che  sia preparato e competente e che colui, il vecchio, che vada a essere sostituito, si sia invece dimostrato incapace e attaccato esclusivamente ai propri interessi.

So che è un pensiero da molti non condiviso, ma voglio esprimerlo: se un soggetto che fa politica si dimostra adatto al ruolo che ricopre, se riesce, con il suo lavoro, ad apportare miglioramenti ed evoluzioni, che stia lì per tutto il tempo che serve, ed evitiamo, invece, per favore, di conferire incarichi a un soggetto solo perché giovane, donna, o perché ha riscontro positivo, magari sui social, perché il rischio poi è quello di danneggiare il suo partito e il nostro paese.

Sempre più politici ormai, del partito democratico e non solo, ribadiscono in quante più occasioni possibili che dopo due mandati se ne andranno a casa e io personalmente, non riesco in alcun modo a trovarmi d’accordo con questa idea.

La priorità, in politica, è il bene del paese, e tutto il resto, in confronto, perde senso.

E allora basta anche con questo slogan dei due mandati e poi niente più politica, anche perché, sinceramente, non riesco proprio a capire come si possa smettere di fare politica, una di quelle passioni, che per quanto può evolversi e mutare, non può svanire.

E mi voglio sbilanciare anche in merito al mio partito: se vogliamo davvero che il PD continui a funzionare, dai singoli circoli al nazionale, ritengo sia importante che continuino a esistere i cosiddetti “funzionari di partito”, altrimenti il singolo dovrebbe correre da solo e non ci sarebbe più bisogno né di tessere né di lunghe riunioni.

Basta, quindi, anche con l’esorcizzazione dei funzionari di partito.

Ammettiamo allora che la politica è un mestiere, che fare politica richiede tempo e che se quindi la si vuole fare bene non si può pensare di occuparsi a tempo pieno anche di altro.

E a questo si collega la questione relativa allo stipendio, tanto discussa e, a mio parere, tanto stupida.

Innanzitutto trovo preoccupante che così tanto spesso il dibattito italiano si concentri sul taglio dei costi.

Mi è dispiaciuto che durante la campagna referendaria ci si sia concentrati tanto sul tema, a scapito degli altri contenuti di valore della riforma, e mi dispiace che uno dei primi partiti in Italia – il Movimento Cinque Stelle – altro non sappia dire (tra l’altro omettendo particolari essenziali) se non che i loro esponenti restituiscono costantemente parte degli stipendi.

Due considerazioni in merito.

Innanzitutto quando si parla di stipendi dei politici, immediatamente si pensa ai parlamentari, dimenticando che chi si affaccia alla politica, quando va a ricoprire un incarico – e penso ad esempio a quello di consigliere comunale – ha un guadagno irrisorio e tante, tantissime beghe.

E chi inizia a impegnarsi in un partito non vede e non mira certo a un guadagno, ma anzi ci rimette in tempo, soldi, energie, guadagnando invece varie arrabbiature (e sì, ammettiamolo, anche belle soddisfazioni).

Secondariamente, come poi ho detto anche sopra, è giusto e normale che chi svolge un incarico venga remunerato, altrimenti in politica potrebbero impegnarsi solo coloro che partono già con una grande copertura economica.

Dunque smettiamola con le frasi fatte sui costi della politica.

Quello che dovrebbe interessare è altro, ovvero che chi ha il desiderio e la voglia di fare politica sia spinto da ideali che non riguardino neanche lontanamente il famoso gettone, che queste persone che andiamo a stipendiare siano capaci, preoccupandoci invece di allontanare le altre, e che vengano eliminati le spese inutili e gli sprechi.

E in merito alla questione economica, voglio spingermi oltre, rischiando più che mai di sollevare lo sdegno di molti: è necessario che venga istituito nuovamente il finanziamento pubblico ai partito. Basta con questa convinzione che il finanziamento pubblico ai partiti sia il peggiore dei mali.

Non entro a fondo nell’argomento, che meriterebbe una valutazione a parte, ma sottolineo nuovamente che affinché tutti possano fare politica è fondamentale che vengano concessi i mezzi e che quindi la politica non sia trasformata in una cosa per pochi fortunati.

Con la sua risposta, Zoro ha detto anche un’altra grande verità, anch’essa non molto di moda negli ultimi tempi (nonostante sembri così ovvia) e cioè che non tutti sono in grado di ricoprire un incarico.

E questo comporta che, da una parte, in senso stretto, colui o colei che venga scelto per un determinato ruolo debba avere tutte le competenze richieste e, dall’altro, in un senso più ampio, che tutti noi dobbiamo acquisire la consapevolezza che non possiamo pensare di sapere e comprendere ogni cosa, immischiandoci in qualsiasi questione, come invece accade sempre più spesso.

Al di là della seconda questione – per la quale ci sentiamo tutti esperti di ogni materia, dimenticando invece che non bisognerebbe parlare di argomenti che non si conoscono e che la propria opinione andrebbe espressa solo dopo essersi informati bene a riguardo – e in merito alla prima, credo, personalmente, che un grande politico possa venire da un qualsiasi campo, ovvero che possa, fino a quel momento, aver svolto una qualsiasi professione e che possa avere un qualsiasi titolo di studio.

Questo, però, non significa che tutti abbiamo le capacità per essere un buon politico.

Il futuro Presidente del Consiglio può essere anche una cuoca (questa è una sorta di citazione che in molti non capiranno), ma non tutte le cuoche possono pensare di poter divenire Presidente del Consiglio.

E chi giudica questo un discorso classista o antidemocratico, non ha capito proprio nulla perché è proprio partendo dalla convinzione che la democrazia sia una cosa seria che reputo necessario che il cittadino capisca chi può andare a rappresentare dignitosamente lui e il paese.

E ripeto, un buon politico non si giudica dal suo curriculum: tra i più grandi uomini e donne che sono passati per il nostro Parlamento, alcuni erano laureati, e mi riferisco ad esempio a Nilde Iotti, altri non avevano avuto modo di studiare, ma hanno dimostrato comunque capacità e valore, basti pensare a Giuseppe di Vittorio e altri ancora, nonostante studi e titoli conseguiti, si sono dimostrati del tutto inadeguati e quindi dannosi.

Smettiamola, allora, di pensare che l’ottimo politico sia quello con un ottimo curriculum, anche perché l’esperienza di un governo tecnico ci ha dimostrato che i grandi risultati del singolo non determinano sempre grandi risultati per il paese (con questo non voglio certo denigrare chi vanta grandi meriti scolastici e lavorativi, né elogiare chi, al contrario, si è dimostrato molto più modesto, ma solo ribadire che le cose non sono collegate e che, in ogni caso, a chi svolge il mestiere della politica è chiesto sempre di prepararsi e di studiare).

Credo dunque che per garantire al nostro paese lo splendore che merita, sia fondamentale ripartire dalla politica, smettendola con futili dibattiti, restituendole la serietà che le spetta e trattandola con tanto rispetto.

Un lavoro non facile che vede coinvolti i nostri politici e che parte, però, prima di tutto, da noi cittadini.

La buona politica è forse, per un cittadino, la cosa più bella del mondo, lottiamo per renderla tale.

 

 

 

Lucrezia Giancarli

Direzione Nazionale Giovani Democratici